Si cerca di fare luce sull’origine del Covid-19. E oggi, a quanto pare, vengono fuori dettagli che, in parte, sembrano dare ragione alle teorie “cospirazioniste”.
Partiamo dal novembre del 2019. Tre ricercatori dell’istituto di virologia di Wuhan si ammalano e vengono ricoverati in ospedale. I “sintomi sarebbero compatibili sia con il Covid sia con l’influenza stagionale”. E tanto basta a riaccendere i riflettori sulla città, epicentro della pandemia. E a far tornare d’attualità la teoria dell’incidente di laboratorio.
Il rapporto della Cia
Lo rivela un rapporto dell’intelligence americana, pubblicato dal Wall Street Journal. “Le informazioni in mano ai servizi segreti provengono da varie testimonianze e sono di comprovata qualità. Notizie molto precise, anche se non si sa ancora quale sia stata la causa della malattia che ha colpito i tre medici cinesi”. Particolare non di poco conto.
Il primo caso confermato da Pechino venne registrato l’8 dicembre 2019. E già nel febbraio di quest’anno lo stesso Wsj affermava “ciò che molti epidemiologi sospettavano da tempo”: secondo la ricostruzione del quotidiano americano, il coronavirus iniziò a diffondersi inosservato nell’area di Wuhan settimane prima, cioè proprio attorno alla seconda metà di novembre 2019.
La pubblicazione del documento dell’intelligence arriva a poche ore da un incontro dell’Organizzazione mondiale della sanità. Oggetto dell’incontro la discussione della prossima fase dell’inchiesta sull’origine del Covid-19. La prima parte delle indagini, condotte da un team di esperti dell’Oms coadiuvati da scienziati e medici cinesi, ha portato nei mesi scorsi alla conclusione che l’ipotesi dell’incidente di laboratorio è “estremamente improbabile”. Tuttavia, diversi voci – fra le quali quella del segretario di Stato Usa Antony Blinken – hanno sollevato il sospetto che le indagini siano state “inquinate” dalla Cina.
Pechino ha ripetutamente negato che il virus possa essere uscito da uno dei suoi laboratori. Ieri il ministro degli Esteri di Pechino ha citato proprio le conclusioni del team dell’Oms dopo la visita a Wuhan a febbraio. “Gli Stati Uniti continuano a pubblicizzare la teoria della fuga. Sono davvero preoccupati nel cercare di rintracciare le origini del virus o vogliono solamente distogliere l’attenzione pubblica?”.
La missione dell’Oms
A febbraio scorso l’ipotesi “più probabile” era quella che il coronavirus sia stato trasmesso all’uomo da un animale, passando attraverso una specie intermedia. L’ipotesi che sia uscito per errore da un laboratorio, diceva l’Oms, è “estremamente improbabile”. E non ci sono evidenze che Sars-Cov-2 circolasse in maniera massiccia a Wuhan o nella provincia dello Hubei prima di dicembre. Furono queste le principali conclusioni raggiunte dall’indagine congiunta sulle origini della pandemia condotta da gennaio a febbraio da esperti cinesi e dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) a Wuhan.
Gli esperti, però, non sono riusciti a individuare quale sia la specie intermedia che può avere fatto da serbatoio.
Sempre a febbraio furono illustrati i risultati dell’indagine da Liang Wannian, guida della squadra di ricercatori cinesi, e poi da Peter Ben Embarek, leader del gruppo di esperti dell’Oms. La prima questione affrontata sono stati gli inizi della pandemia. Si provò a capire se fosse possibile retrodatare i casi iniziali rispetto a quelli finora rilevati dalla Cina, collocati a Wuhan all’inizio di dicembre. I dati raccolti, attraverso analisi retrospettive su campioni di pazienti o sulle curve di mortalità, “non hanno mostrato prove di focolai precedenti al mese di dicembre a Wuhan o nello Hubei”, nelle parole di Embarek. Questo non significa che l’esistenza di casi precedenti possa essere esclusa. Ma nella sostanza la versione data finora dalla Cina viene confermata: casi sporadici all’inizio di dicembre, seguiti da focolai più estesi nella seconda metà del mese.
Trasmissione del virus all’uomo
La seconda pista su cui hanno lavorato gli esperti è come il virus sia arrivato a Wuhan, considerato che l’ipotesi più accreditata punta ai pipistrelli come serbatoio naturale, ma che il capoluogo dello Hubei è lontano dalle aree dove questi mammiferi vivono. Intanto i primi casi riscontrati a dicembre 2019 erano legati al famoso mercato di Huanan: altri erano legati a diversi mercati. Gli esperti cinesi e quelli internazionali hanno formulato quattro ipotesi sul passaggio del virus dall’animale all’uomo: trasmissione diretta, trasmissione attraverso una specie intermedia, trasmissione attraverso la logistica alimentare e i prodotti surgelati, incidente di laboratorio.
L’ipotesi “più probabile”, secondo Embarek, è che Sars-Cov-2 sia passato attraverso una specie intermedia, ma su quale possa essere gli studiosi non hanno trovato indizi. Decine di migliaia di campioni prelevati da animali in varie province della Cina sono risultati negativi. Al mercato di Huanan è stata segnalata la vendita di specie selvatiche addomesticate, vive o surgelate, note per essere potenziali serbatoi di coronavirus, come furetti, conigli e ratti del bambù. Questa è una delle piste più logiche per future ricerche. Ma resta in piedi, giudicata probabile, anche la versione preferita dalla Cina, cioè quella della trasmissione attraverso prodotti surgelati.