È l’unico tavolo a cui il governo di Mario Draghi si è seduto: quello con le lobby delle armi. Evidentemente le richieste provenienti dai settori produttivi del Paese non interessano al partito della paccottiglia Pd-M5S-Lega-Forza Italia. Lo Stato armato.
Una decisione che non solo contraddice le finalità del Piano europeo per la ripresa, ma accantona le proposte delle organizzazioni della società civile (e del mondo del lavoro).
Così mentre gli italiani erano intenti, nelle festività pasquali, a vivere ancora una Pasqua in zona rossa per via dell’incapacità di un governo a stilare un Piano pandemico, proprio quel governo destinava fondi del Recovery Plan per rinnovare la capacità e i sistemi d‘arma a disposizione dello strumento militare. Un tentativo di greenwashing, di lavaggio verde, dell’industria delle armi.
Il voto in Parlamento
Ad aprire a questa possibilità è stato il Parlamento, a quanto risulta dalle Relazioni definite e votate in questi giorni dalle Commissioni competenti. Nel testo licenziato dalla Camera si raccomanda di:
“incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare, promuovendo l’attività di ricerca e di sviluppo delle nuove tecnologie e dei materiali, anche in favore degli obiettivi che favoriscano la transizione ecologica, contribuendo al necessario sostegno dello strategico settore industriale e al mantenimento di adeguati livelli occupazionali nel comparto”.
Per il Senato:
“occorre, inoltre, promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca”.
Viene inoltre ipotizzata la realizzazione di cosiddetti “distretti militari intelligenti” per attrarre interessi e investimenti.
Soldi per le armi
Il governo Conte nelle bozze aveva inserito nel PNRR solo aspetti secondari come l’efficienza energetica degli immobili della Difesa e il rafforzamento della sanità militare. Il governo Draghi, invece, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) promuove l’acquisizione di nuove armi dai fondi europei per la rinascita dell’Italia dopo la pandemia. Un comparto che, è bene ricordarlo, già riceverà almeno il 18% (quasi 27 miliardi di euro) dei Fondi pluriennali di investimento attivi dal 2017 al 2034.
Le indicazioni inviate al Governo derivano da dibattiti nelle Commissioni Difesa della Camera e del Senato che hanno approvato all’unanimità i pareri consultivi relativi.
Dunque, un sostegno trasversale all’ipotesi di destinare i fondi del PNRR anche al rafforzamento dello strumento militare. I Commissari della Camera si sono spinti oltre e hanno concentrato il loro dibattito sulla “opportunità” di accrescere ulteriormente i fondi a favore della spesa militare fornita dal Piano. Insomma, l’esecutivo Draghi ritiene che la ripresa del nostro Paese possa realizzarsi anche favorendo la corsa agli armamenti.
Anche se green le bombe sono strumenti di morte, non portano sviluppo, non producono utili, non garantiscono futuro.
Inascoltate le associazioni pacifiste, spazio solo ai produttori di armi.
Nel corso della discussione di queste settimane sono stati auditi rappresentanti dell’industria militare (AIAD, Anpam, Leonardo spa) mentre non sono state prese in considerazione le “12 Proposte di pace e disarmo per il PNRR” elaborate dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e inviate a tutte le Commissioni competenti.
La produzione e il commercio delle armi impattano enormemente sull’ambiente.
Le guerre lasciano distruzioni ambientali che durano nel tempo. Ne consegue che la lotta al cambiamento climatico può avvenire solo rompendo la filiera bellica e che il lavoro per la pace è anche un contributo al futuro ecologico.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza viene presentato dal governo Conte il 15 settembre 2020. Approda alla proposta del 13 gennaio 2021.
Il testo, diviso in sei missioni, si poneva su tre assi di intervento, già condivisi in ambito europeo: digitalizzazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Il 9 febbraio si tiene alla Camera, davanti alle Commissioni riunite di Bilancio e Attività produttive, l’audizione informale della Leonardo S.p.A., azienda partecipata che si occupa di difesa, aerospazio e sicurezza. Il 23 febbraio la Commissione Difesa del Senato ascolta una rappresentanza di ANPAM, Associazione Nazionale di Produttori di Armi e Munizioni, mentre la settimana successiva è il turno dell’AIAD (Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza).
A quel punto il Piano nazionale di ripresa e resilienza riceve delle proposte in materia militare, non solo in ottica ambientale e di logistica sanitaria.
Oltre all’idea di efficienza energetica delle caserme e degli immobili delle forze armate e l’aumento della dotazione per la sanità militare, le Commissioni Difesa di Camera e Senato propongono l’utilizzo dei fondi NextGenerationEU per:
“promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca” e per “valorizzare il contributo a favore della Difesa sviluppando le applicazioni dell’intelligenza artificiale e rafforzando la capacità della difesa cibernetica e incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare”.
I rilievi delle Commissioni Difesa vengono recepiti nel parere della Commissione Bilancio, chiamata a redigere le relazioni parlamentari. Con amplissima maggioranza sia alla Camera sia al Senato, i testi sono approvati.
Anche s l’indicazione di destinare finanziamenti a spese militari arrivi dal Parlamento, il Governo si trova già sulla stessa linea: nel resoconto della seduta del 17 marzo della Commissione Difesa del Senato si legge che il sottosegretario Mulè “ringrazia il relatore per il lavoro svolto ed esprime apprezzamento per la bozza di parere della Commissione, che, nei contenuti e perfino nella scelta dei vocaboli, corrisponde alla visione organica che del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha il Governo”.