L’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e ex membro del Csm, Luca Palamara, torna a raccontare quel mondo giudiziario di cui ha fatto parte fino a poco tempo fa. Il “livello superiore”.
Fino a quando non è stato radiato dall’ordine giudiziario per la prima volta nella storia della magistratura. Palamara torna sulla vicenda e racconta ad Alessandro Sallusti, nel libro “Il Sistema – Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana” cosa sia il ‘Sistema’ che ha pesantemente influenzato la politica italiana.
“Quando ho toccato il cielo, il Sistema ha deciso che dovevo andare all’inferno”
Una carriera brillante avviata con la presidenza dell’Associazione nazionale magistrati a trentanove anni. Palamara a quarantacinque viene eletto nel Consiglio superiore della magistratura e, alla guida della corrente di centro, Unità per la Costituzione, contribuisce a determinare le decisioni dell’organo di autogoverno dei giudici. A fine maggio 2019, accusato di rapporti indebiti con imprenditori e politici e di aver lavorato illecitamente per orientare incarichi e nomine, diventa l’emblema del malcostume giudiziario.
“La sinistra orienta i giudici e la stampa non è libera”: parola di Luca Palamara
“Tutti quelli – colleghi magistrati, importanti leader politici e uomini delle istituzioni molti dei quali tuttora al loro posto – che hanno partecipato con me a tessere questa tela erano pienamente consapevoli di ciò che stava accadendo”, sostiene Palamara.
Il “Sistema” di cui si parla nel libro “è il potere della magistratura, che non può essere scalfito: tutti coloro che ci hanno provato vengono abbattuti a colpi di sentenze, o magari attraverso un abile cecchino che, alla vigilia di una nomina, fa uscire notizie o intercettazioni sulla vita privata o i legami pericolosi di un magistrato. È quello che succede anche a Palamara: nel momento del suo massimo trionfo (l’elezione dei suoi candidati alle due più alte cariche della Corte di Cassazione), comincia la sua caduta”. “Io non voglio portarmi segreti nella tomba, lo devo ai tanti magistrati che con queste storie nulla c’entrano”, dice l’ex presidente dell’Anm. E i segreti sono tutti in questo libro.
Il modello Firenze
“In questa corsa senza freni provo il colpo della vita: applicare il modello Firenze per conquistare il vertice della magistratura italiana”, racconta Palamara.
“Siamo nel 2017, ci sono da eleggere i nuovi procuratore generale e primo presidente della Cassazione, fondamentali non solo per il destino delle vicende processuali ma anche perché siedono di diritto nel plenum del Csm, dove si decide tutto, dalle nomine alle sanzioni”. Era “un azzardo – riconosce Palamara -, perché nel frattempo è iniziata la parabola discendente di Renzi”.
Complicità di pm e giudici
Tra pm e giornalisti c’è “complicità professionale”, “si usano a vicenda”, sostiene Palamara.
“Prendiamo l’informazione, che nella vicenda Berlusconi di quegli anni ha avuto un ruolo fondamentale. Tra di noi girava la battuta: ‘La vera separazione delle carriere non dovrebbe essere quella tra giudici e pm ma tra magistrati e giornalisti’. Magistrati e giornalisti – lo dico anche per esperienza personale – si usano a vicenda, all’interno di rapporti che si costruiscono e consolidano negli anni. Il giornalista vive di notizie, ogni testata ha una sua linea politica dettata dall’editore, che ha precisi interessi da difendere. Il pm li conosce bene, e sa che senza quella cassa di risonanza la sua inchiesta non decollerà, verrebbe a mancare il clamore mediatico che fa da sponda con la politica. È inevitabile che una frequentazione assidua porti a una complicità professionale, a volte anche a un’intimità personale più o meno clandestina che crea qualche imbarazzo tra i colleghi”.
E, aggiunge Palamara,
“c’è anche un livello superiore: io stesso ho avuto modo di partecipare a incontri riservati tra importanti direttori e procuratori impegnati su inchieste molto delicate…”.
“Non rinnego il passato”
“Non rinnego ciò che ho fatto, dico solo che tutti quelli – colleghi magistrati, importanti leader politici e uomini delle istituzioni, molti dei quali tuttora al loro posto – che hanno partecipato con me a tessere questa tela erano pienamente consapevoli di ciò che stava accadendo. Io non voglio portarmi segreti nella tomba, lo devo ai tanti magistrati che con queste storie nulla c’entrano”, racconta l’ex pm.
Le chat
“Il contenuto di quelle trascrizioni, come pure le chat e i messaggi estratti dal cellulare, è ormai noto, i giornali ne hanno pubblicati centinaia. C’è di tutto, ma non c’è tutto” e Luca Palamara fa un elenco di nomi.
Il patto tra i pm e Fini
“Quando nel dicembre del 2010 si parla di un possibile patto tra la magistratura e Gianfranco Fini, ben visto dal Colle, non si va lontano dalla verità”, racconta ancora nel libro intervista.
“Con lui, in quel momento presidente della Camera, troviamo un’inaspettata sponda in campo avverso, quello del centrodestra di cui lui è il numero due dopo Silvio Berlusconi – spiega l’ex pm – Abbiamo più di un incontro, ci rassicura che con lui a dirigere la Camera non varerà nulla di sgradito ai magistrati. Tra noi certamente c’è un buon feeling che diventa collaborazione attiva nel fornirgli pareri e spunti per emendare leggi che, direttamente o indirettamente, riguardano il nostro mondo”.
Nomine e patteggiamenti
“La verità è che dietro ogni nomina c’è un patteggiamento che coinvolge le correnti della magistratura, i membri laici del Csm e, direttamente o indirettamente, i loro referenti politici, e ciò è ampiamente documentabile”, racconta Palamara. “Normalmente funziona che se le correnti si accordano su un nome può candidarsi anche Calamandrei, padre del diritto, ma non avrà alcuna possibilità di essere preso in considerazione”, aggiunge l’ex pm.
Legnini e l’umiliazione
“Dopo la votazione al Csm che incorona Fuzio raggiungo il vicepresidente Legnini a Chieti per partecipare a un convegno. Mi insulta, si sfoga: ‘Tu mi hai umiliato agli occhi del Quirinale, penseranno che io non conto nulla, non finirà qui'”, racconta ancora nel libro.
Le raccomandazioni
“Io ho soddisfatto tante richieste in tal senso e soprattutto sono stato contattato più volte da magistrati, anche autorevoli, che chiedevano raccomandazioni per gli esami orali dei figli”, afferma l’ex pm.
Il caso De Magistris
Quando il Csm apre un fascicolo che di lì a pochi mesi porterà al trasferimento di Luigi de Magistris, spiega ancora Palamara, “io mi consulto sia con i miei sia con il Quirinale. E succede che, per la prima volta nella sua storia, almeno recente, l’Anm prende le distanze dall’operato di un pubblico ministero. Il comunicato lo feci io insieme a Giuseppe Cascini, fu un atto sofferto ma di coraggio, rompeva il dogma secondo cui un pm va difeso sempre e comunque. E su questo ebbi la spinta di Cascini, cioè dell’ala sinistra della magistratura, una spinta che mi lasciò molto stupito”.
Le cene con Ferri e Lotti
Il 25 settembre “c’è una cena a casa di Giuseppe Fanfani, membro del Csm in quota renziana. Siamo invitati io, Ferri ed Ermini per chiudere il cerchio. Io e Ferri chiediamo all’ultimo al padrone di casa se può venire anche Lotti, lui non obietta né tantomeno obietta il vicepresidente in pectore Ermini”, racconta Palamara. E sottolinea, “il futuro, oggi in carica, vicepresidente del Csm è a tavola con un politico indagato, Luca Lotti, con un magistrato del Csm, il sottoscritto – che lui ben sapeva essere indagato, perché, anche se la notizia non era ancora stata pubblicata dai giornali, nel nostro mondo era stranota –, e con un fresco onorevole del Pd, Cosimo Ferri”.
Il potere di Magistratura democratica
“Magistratura democratica è l’embrione del sistema”, precisa ancora Palamara nel libro. L’ex pm spiega anche il suo ingresso in Md:
“Noto una cosa: la maggior parte dei colleghi che contano sono iscritti a Magistratura democratica, la corrente di sinistra della magistratura”.
A un certo punto “capisco che ho bisogno di una protezione e per questo mi iscrivo alla corrente di Magistratura democratica. Ecco, in quel momento, anche se ancora non ne ho piena coscienza, varco la porta ed entro nel ‘Sistema'”. Poi, compreso che Md è una “corrente ideologica e non scalabile con la mia storia”, matura la scelta di passare a Unicost.
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