Tra gli indagati dell’operazione “Basso profilo” contro la ‘ndrangheta ci sono politici, imprenditori e boss di primo livello. Tra questi spicca anche il nome del segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa.
La casa romana di Cesa è stata perquisita e passata al setaccio questa mattina dagli uomini della Dia di Maurizio Vallone. L’accusa, secondo indiscrezioni, sarebbe di concorso esterno in associazione mafiosa. Ai domiciliari il suo braccio destro in Calabria, Francesco Talarico dell’Udc, assessore al bilancio.
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“Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017” conferma il politico con una nota. “Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato” annuncia.
La maxi-operazione riguarda decine di arresti su tutto il territorio nazionale su richiesta della procura antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri e per ordine del giudice. In manette esponenti delle ‘ndrine tra le più importanti di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro come “Bonaventura” “Aracri”, “Arena” e “Grande Aracri”. Ci sono imprenditori di spessore ed esponenti della pubblica amministrazione collusi con le organizzazioni criminali.
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Tredici le persone finite in carcere e 35 ai domiciliari, tutte accusate a vario titolo di riciclaggio, turbativa d’asta, intestazione fittizia di beni ed associazione mafiosa. Fra loro, nomi noti della politica, dell’imprenditoria e delle professioni di Catanzaro, ma anche funzionari, dipendenti pubblici e politici. Quarantanove gli indagati.
L’indagine “basso profilo” sulla ‘ndrangheta ha accertato movimenti illegali di denaro per oltre trecento milioni di euro. La Procura della Repubblica di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni aziendali, immobili, autoveicoli, conti correnti bancari e postali per un valore che è stato definito “ingente”.
Il patrimonio sequestrato “torna nelle casse dello Stato ed è un reale recovery fund che deve essere sempre attivo” dice il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. “Un plauso sincero a questo immane sforzo investigativo che, la Commissione Antimafia ha potuto seguire grazie al lavoro del suo ufficiale di collegamento DIA colonello Luigi Grasso” spiega in una nota.