Nei giorni scorsi Palazzo Madama ha congelato i 5.500 euro percepiti ogni mese da Ottaviano del Turco. L’ex governatore abruzzese, condannato per induzione indebita, oggi non vive, però, una vita serena.
L’idea della politica – del grillismo in particolare – di azzerare i “privilegi” dei parlamentari – produce danni. Ma non a un Luigi Grillo, parlamentare forzista con sei legislature alle spalle e una lunga frequentazione dei salotti dell’alta finanza. Lui, appunto, non perderà un centesimo degli oltre 10 mila euro che ogni mese lo Stato gli paga nonostante una condanna per associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti, corruzione aggravata e utilizzazione di segreti d’ufficio.
Bordin:”Del Turco condannato in una città in cui il magistrato che lo accusava è vicesindaco”
E nulla perderà nemmeno Giovanni Di Benedetto, politico dileguatosi dopo Mani Pulite e con un casellario giudiziario ingombrante. Casellario in cui si trova violazione delle norma sul finanziamento dei partiti, corruzione aggravata, turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio. E Di Benedetto per un bel po’ ha intascato ben 3 mila euro al mese, oggi ridotti a 1.600 dopo il taglio degli assegni in vigore dall’inizio del 2019. Graziato nel portafogli anche il leghista Piergiorgio Stiffoni: potrà continuare a godersi i 7 mila euro mensili da ex senatore nonostante la condanna per peculato rimediata nel 2013 dopo il patteggiamento. C’è anche il Cav. Salvatore Marano con una sentenza diventata irrevocabile nel 2012 per un complesso di 17 (diciassette) reati di bancarotta fraudolenta in concorso. Anche il suo vitalizio è salvo: il Senato aspetta di erogargli anche gli arretrati.
Su Ottaviano Del Turco, però, la questione è diversa.
Intanto Del Turco ha segnato, come pochi, la storia della Repubblica italiana. Uno di quelli – come ricorda il direttore Daniele Sansonetti – “che hanno portato l’Italia ad un grado molto alto di civiltà e di giustizia sociale, e poi l’hanno sistemata al quarto posto tra le potenze mondiali”. Oggi, i giustizialisti senz’anima, si portano sulla coscienza (sempre se ci sia rimasta traccia) un atto vile consumato ai danni di un uomo gravemente malato. C’è un articolo, il 25 della Costituzione, che recita:
“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.”
L’atto dell’ufficio di Presidenza del Senato non ho nessuna difficoltà a definirla infame perché frutto di una stagione politica vergognosa e illiberale. Non ho nessuna difficoltà a dire che l’atto rappresenta il buio di una democrazia in mano a cialtroni. Atto vigliacco. Il reato di Del Turco risale al 2006 e la norma sul ritiro della pensione è del 2015. Vogliamo dire che le istituzioni a Del Turco hanno voluto infliggere una pena accessoria?
Del Turco, abruzzese, è nato negli ultimi giorni dell’occupazione tedesca, nel 44. È stato sindacalista di grande rilievo negli anni della contestazione.
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Quando divenne presidente della Regione Abruzzo cadde sotto il fuoco delle cliniche private e di qualche magistrato. Del Turco fu accusato di associazione a delinquere. Fu gettato in carcere per mesi. Le prove non c’erano. Oggi Del Turco non saprà mai se il nuovo processo ci sarà davvero e se finalmente potrà ottenere l’assoluzione. Semplicemente perché la lunga vicenda giudiziaria lo ha logorato. Oggi è chiuso in casa, è malato di cancro, di parkinson e di alzheimer. Non ragiona più. Non riconosce nemmeno i suoi familiari. Del Turco ha pagato una colpa che non ha commesso.
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di Antonio Del Furbo
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