Dpcm, scenario 4 e lockdown nazionale. Lo scontro politico
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Le città con alto rischio di contagio sono Trieste, Caltanissetta, Brindisi e Bolzano. Poi ci sono le regioni più colpite: l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la Lombardia. In tutto sono 29 le province con un Rt “significativamente maggiore” di 1,5. E il nuovo Dpcm terrà conto anche di questi numeri.

La battaglia ora è politica. Coma abbiamo scritto, Regioni e governo cercano di lavarsi le mani a vicenda e non caricarsi di responsabilità.

Si avvicina lo “Scenario 4” del lockdown

Le decisioni, comunque, scaturiscono dall’incrocio di due documenti. Il primo si intitola “Prevenzione e risposta a Covid 19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-inverno”. Quello che, per intenderci, traccia i 4 scenari di rischio. L’ultimo scenario si ha quando l’Rt è stabilmente sopra 1,5 e un’altra serie di parametri non vanno bene. In questo caso, la misura è una sola: il lockdown.

Il “Piano pandemico” che il Governo nasconde

“La curva dei contagi di sabato ha imposto un nuovo corpus delle misure restrittive da adottare anche prima di mercoledì 4 novembre” ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel corso delle sue comunicazioni sull’emergenza Covid nell’Aula della Camera. “Non stiamo subendo un’insostenibile pressione nei reparti di terapia intensiva – ha aggiunto – ma registriamo un crescente preoccupante affollamento negli altri reparti come le terapie sub-intensive e le aree mediche in generale”.

Dpcm, Conte in Aula: chiusura centri commerciali, limiti alla mobilità e lockdown

L’accordo, dunque, è quasi definitivamente raggiunto. Fino al 4 dicembre ci saranno forti restrizioni su tutto il territorio nazionale. Lo conferma anche Francesca Puglisi, Sottosegretario di Stato al ministero del lavoro e delle politiche sociali del governo. “Le misure saranno nazionali, come per esempio il coprifuoco alle 21 per tutto il territorio nazionale”.

“Gli interventi saranno uniformi. Poi, come scritto nel precedente Dpcm, nella propria autonomia ciascun ente locale può prevedere anche restrizioni ulteriori”, ha aggiunto Puglisi. Il decreto continuerà a incentivare le persone a restare a casa e a muoversi solamente per ragioni legate a salute o lavoro: “Stiamo cercando di lasciare fabbriche e quante più possibili attività produttive aperte”.

Il pugno duro

I punti elencati dal ministro della Salute, Roberto Speranza, sono quelli letti in Aula da Conte. Chiusura dei centri commerciali nel fine settimana, l’aumento al 100% della didattica a distanza per le scuole superiori, il divieto di circolazione dalle ore 21, il divieto di spostamento da e per le Regioni con indice di alta diffusione del contagio, chiusura dei musei, delle mostre e della zona video-giochi nei bar e tabacchi. Nelle Regioni a maggior rischio si parla pure della possibilità di chiudere le attività di ristorazione anche a pranzo, di fare una serrata sui negozi.

Divergenze politiche

Italia Viva è contraria al coprifuoco alle 21 e perciò la richiesta è quella di posticiparlo alle 22. I renziani inoltre si dicono non favorevoli all’eventuale chiusura domenicale dei ristoranti semplicemente perché, come evidenziato dal Comitato tecnico-scientifico, sarebbero i luoghi più ligi alle regole sul distanziamento. Il ministro Teresa Bellanova ha espresso la forte preoccupazione per i danni che potrebbe ricevere la filiera agroalimentare. E c’è tempo anche per lanciare un avvertimento al premier. “Ora più che mai servono pochi messaggi, chiari e univoci. Oggi Giuseppe Conte comunicherà al Parlamento le sue intenzioni, ci sarà un dibattito e un voto. In serata o domani il Dpcm. Nel frattempo, i membri di governo possono evitare anticipazioni che generano solo confusione”, scrive il deputato di Iv Marco Di Maio sul proprio profilo Twitter.

Misure nazionali

La firma del Dpcm potrebbe slittare a domani, martedì 3 novembre perché le distanze tra governo e Regioni non hanno raggiunto un’intesa immediata. Se i governatori chiedono di varare uno schema a livello nazionale, il governo è convinto che sarebbero necessarie chiusure differenziate in base ai vari contesti del contagio. “Le misure devono essere necessariamente nazionali, perché dalla Valle d’Aosta alla Calabria il virus c’è ovunque e sta crescendo ovunque”, è la posizione di Alberto Cirio. Il presidente del Piemonte auspica interventi molto lucidi e razionali: “Non è possibile intervenire a pezzi, bisogna intervenire tutti insieme, con un modulo che preveda le responsabilità di Regioni e governo, che sia completo e che dia una prospettiva. Quello che non vedo oggi è una prospettiva da dare al Paese”.

Sulla stessa scia Dario Nardella: “Io credo che governo e Regioni in tutti i modi questa volta debbano trovare un punto di accordo: alcune misure le può assumere direttamente il governo a livello nazionale”.

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