Piercamillo Davigo, consigliere togato del Csm, da domani andrà in pensione e non potrà più continuare a far parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
A deciderlo è stato il Plenum del Csm.
I giudici hanno approvato a maggioranza (13 voti a favore, 6 contrari, 5 astenuti) una pratica della Commissione per la verifica dei titoli di Palazzo dei Marescialli sulla permanenza o meno al Csm dell’ex magistrato del pool Mani Pulite. Il Plenum ha approvato la delibera – relatrice Loredana Miccichè (MI) – che stabilisce la “cessazione di Piercamillo Davigo dalla carica di membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura a seguito di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, a partire dal 20 ottobre 2020” quando “cesserà di fare parte dell’ordine giudiziario”.
L’audizione di Davigo
Nei giorni scorsi Davigo, a favore della sua permanenza al Csm, ha fatto riferimento all’articolo 104 della Costituzione. Nel corso dell’audizione in Commissione ha sottolineato che “solamente i componenti del Csm durano in carica 4 anni”. E ha aggiunto che, se per raggiunti limiti di età non si riesce a completare il quadriennio della consiliatura, allora non si dovrebbe nemmeno consentirne l’eleggibilità. Inoltre, sempre Davigo ha evidenziato come la legge istitutiva del Csm non preveda fra le cause di cessazione il collocamento a riposo.
Davigo rappresenta “un gravissimo pericolo” per il Csm. La guerra delle correnti continua
Anche l’Avvocatura dello Stato, nei giorni scorsi, ha dato parere positivo all’uscita del leader di Autonomia e Indipendenza dal Csm. I giudici hanno rilevato come l’appartenere all’ordine giudiziario “costituisca condizione sempre essenziale ed imprescindibile” per l’esercizio dell’autogoverno. Non solo ma appare “scontato” che la perdita dello “status di magistrato”, comportando il venir meno del presupposto stesso della partecipazione all’autogoverno, “è ostativa” alla prosecuzione dell’esercizio.
Davigo deve andarsene dal Csm. Ecco perché.