Il denaro delle elemosine, quelli dell’obolo di San Pietro e quelli della Cei, finivano in fondi speculativi. Dirottati, dunque, verso le cooperative dei suoi fratelli. Il metodo era stato messo in piedi dal cardinale Becciu.
Il metodo è stato seguito dal cardinale Angelo Becciu negli anni in cui ha guidato la segreteria di Stato. Il cardinale è stato rimosso nel 2018 da Papa Bergoglio. Un metodo ricostruito dall’Espresso e che ha portato ieri sera alle dimissioni del cardinale dall’incarico di Prefetto della Congregazione della cause dei Santi.
Sloane Avenue
Tutto nasce dall’inchiesta per l’acquisizione del palazzo di Sloane Avenue a Londra. La vicenda ha generato via via una “enorme voragine” nei conti. Il prodotto finale di un modo di condurre le finanze vaticane che mai è piaciuto a Papa Francesco.
Soldi dirottati a familiari
L’allora sostituto della segreteria di Stato ha dirottato più volte i soldi della Cei e dell’Obolo di San Pietro in direzione di suoi familiari. Finanziamenti a fondo perduto in favore della cooperativa “Spes”, braccio operativo della Caritas di Ozieri (Sassari) di cui titolare e rappresentante legale è il fratello Tonino. Il primo versamento nel settembre 2013: 300 mila euro per ampliare l’attività e ammodernare il forno; il secondo, nel gennaio del 2015, destinando alle casse della cooperativa altri 300 mila euro dopo un incendio. I fondi chiesti e ottenuti da Becciu la Cei li attingerà dai fondi dell’otto per mille. La terza ed ultima richiesta parte nell’aprile 2018: 100 mila euro a fondo perduto per gli adeguamenti delle strutture per l’accoglienza dei migranti. E questa volta i fondi verranno dispensati dall’Obolo di San Pietro, un fondo sotto il diretto controllo di Becciu.
Una montagna di soldi
Venti anni fa, Francesco, un altro fratello del cardinale, titolare di una ditta di falegnameria, avrebbe arredato e ammodernato numerose chiese in Angola e a Cuba. Un altro caso riguarda la società “Angel’s srl”. Società che ha come rappresentate legale e socio di maggioranza col 95 per cento un altro fratello del cardinale, il professor Mario Becciu, ordinario di psicologia presso l’Università Salesiana di Roma.
“Lo scopo sociale della società -spiega Repubblica– non ha nulla a che vedere con l’accademia. Riguarda curiosamente la distribuzione specializzata e la consulenza nel food & beverage, con tanto di installazioni di sistemi automatici e prodotti per il settore negli hotel, impiantistica professionale per birra e bevande alla spina. Utilizzando il mercato della solidarietà, così come fa la cooperativa ‘Spes’ di Tonino Becciu, la società di Mario Becciu ha prodotto ed imbottigliato la ‘Birra Pollicina’, una birra che attualmente non è in commercio e di cui non è possibile trovare alcuna traccia nella distribuzione commerciale, se non in alcuni locali e su commesse opportunamente indirizzate da parte di enti ecclesiastici i quali, interpellati, hanno congiuntamente affermato che l’indicazione di acquistare i prodotti dalla ‘Angels’s’ proveniva direttamente dal cardinal Becciu o da persone a lui vicine”.
In questo, come nel caso della “Spes”, si tratta di flussi di denaro difficili da tracciare. Soldi che in un secondo tempo vengono reinvestiti in pacchetti azionari, holding e finanziarie.
Il cardinale Becciu
Becciu 72 anni, è stato sostituto per gli Affari Generali dal 2011 e poi rimosso dal suo ruolo da Papa Francesco il 29 giugno 2018. Nel corso del suo mandato ha affidato l’intera cassa vaticana al finanziere Enrico Crasso, ex Credit Suisse. Crasso, con la sua società (Sogenel Holding di Lugano prima e Azimut dopo), ha indirizzato gli investimenti vaticani verso fondi speculativi con sede in paradisi fiscali.
Il “metodo Becciu” si avvaleva di altri personaggi.
Il “metodo Becciu” prevede l’“affidamento diretto”. Gli ingenti proventi costituiti dalle società dei fratelli del cardinal Becciu sarebbero in un secondo tempo stati reinvestiti all’interno di pacchetti azionari.
I fondi d’investimento
Nel corso degli anni si è fatto ricorso strutturale ad alcuni fondi di investimento, che poggiano le proprie sedi in Lussemburgo o in Asia puntando su pacchetti B/H cinesi. A Malta c’è il Fondo Centurion che fa capo sempre ad Enrico Crasso il quale, in modo discrezionale, presenterà al cardinale Becciu Lorenzo Vangelisti, Ceo del Gruppo Valeur, un gruppo indipendente e attivo in asset management, advisory, trading, ricerca e real estate con sede a Lugano.
“Vangelisti -precisa il settimanale- ha agito assieme ad Alessandro Noceti, direttore di Valeur capital. Quest’ultimo già uomo di Credit Suisse a Londra, nella vicenda della compravendita del palazzo di Sloane Avenue”. Si tratta di un ex-consulente della società. L’uomo racconta di come Valeur Group, con la struttura di scatole cinesi, abbia ‘assicurato agli investimenti istituzionali della Segreteria di Stato, in passato, un’ampia capacità di nascondimento e transito. Il caso della compravendita del Palazzo di Londra è l’ultima storia di una serie di investimenti dove la Santa Sede ha gestito male e perso molto, lasciando per strada centinaia di milioni di euro. Tutto questo non è nato solo per una cattiva gestione, ma per un piano consolidato alle spalle di Papa Francesco, nel quale il cardinal Becciu ha preferito conservare i propri interessi privati gestiti e conservati da Crasso e Vangelisti che adempiere alla politica chiara del Vaticano‘.
Il consulente
“Vangelisti e Noceti, protagonisti della vicenda londinese”, continua l’ex consulente di Valeur Group, “temono di essere rintracciati dalle autorità vaticane. E non perché ci siano chissà quali illeciti nella loro azione, visto che la speculazione è il loro lavoro. Ma perché sanno bene che se in questa storia tiri un filo si svela tutto quanto, poiché i soldi della speculazione dell’affare londinese sono ancora nelle casse della loro società, così come i dividendi che tutti gli attori della vicenda hanno incassato, oltre che alle rispettive finanze private già fatte confluire negli anni passati“.
Il palazzo di Sloane Avenue di Londra è quindi il prodotto finale di una prassi operativa della conduzione delle finanze vaticane.
Il pugno di ferro di Papa Francesco
Gian Franco Mammì, direttore dello Ior, dopo la richiesta di 150 milioni di euro effettuata da Becciu con la traballante giustificazione dei “motivi istituzionali”, si è recato dal Pontefice. Mammì ha chiesto al Papa se fosse a conoscenza di tutti i movimenti interbancari del Sostituto alla segreteria. Sia sul palazzo di Londra, che sul crescente ascendente di Enrico Crasso sugli investimenti dell’Obolo di San Pietro. A quel punto Francesco ha richiesto il pugno di ferro contro i corrotti e i corruttori.