Le prostitute venivano pagate con la droga. Gli informatori ricevevano il 10% dello stupefacente e dei soldi sequestrati in cambio delle soffiate. Poi gli incontri nell’appartamento di “Nikita”, trans di origini brasiliane, che gestiva una casa d’appuntamenti nel piacentino.
Chi copriva il “clan dei carabinieri”?
Le rivelazioni sono state fatte da un giovane magrebino ai pm Matteo Centini e Antonio Colonna che indagano sul gruppo di carabinieri infedeli di Piacenza.
Hamza Lyamani è il grande accusatore di Giuseppe Montella e degli altri militari della caserma Levante. Lyamani ha raccontato tutto al maggiore Rocco Papaleo (comandante della compagnia di Cremona) fornendo tutti i dettagli ai magistrati. Storie che Lyamani conosce bene perché anche lui era un “collaboratore” dell’appuntato considerato il capo delle divise sporche.
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“Montella in modo molto esplicito mi ha detto che se avessi avuto qualche operazione cotto e mangiato, ossia senza svolgere indagini lunghe, una parte del denaro e dello stupefacente poteva essermi data quale compenso” racconta il giovane marocchino. In particolare “mi diceva che la mia parte, nel caso di informazione positiva, sarebbe stata pari al 10%”. Un accordo iniziato alla fine del 2016-inizio 2017 e durato 3 anni. Da quel momento Lyamani diventa un suo protetto di Montella.
Ogni volta che lo spacciatore segnalava un altro pusher arrivava il 10% dei soldi e della droga sequestrata. “Posso dire che la droga viene conservata all’interno di un barattolo in caserma”. Montella al momento di consegnare quanto spettava allo spione “lo agitava per far capire che era quasi vuoto e che c’era bisogno di altre informazioni per poterlo riempire...”. In caserma quel barattolo lo chiamavano “la terapia”. Per avere altre soffiate da girare ai carabinieri il magrebino si rivolge “al transessuale Nikita”. La notizia viene girata a Montella e un altro spacciatore finisce nella rete degli aguzzini in divisa: “Al momento dell’arresto lo hanno picchiato forte ed è stato 3 giorni in ospedale con la vigilanza dei Carabinieri”.
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Alcuni militari della Levante, racconta ancora Lyamani, “conoscevano e frequentavano prostitute della città, tra le quali i transessuali che esercitavano in un appartamento gestito da uno di loro. Il nome di ‘Nikita’ è ben noto nell’ambiente”. Scrive il Gip, Luca Milani: “Era stato quest’ultimo, una volta, a rivelare a Lyamani che essi avevano molti amici in comune, tra cui il maresciallo Marco Orlando (comandate della stazione, ndr), dicendogli che anch’essa si recava alla caserma di via Caccialupo per ritirare la ‘terapia'”. Sempre i giudice scrive: “Il marocchino sapeva che anche tale ‘Valeria'”, una ragazza russa o ucraina, era solita ricevere da Montella della droga presso la stazione carabinieri, ricompensandolo con prestazioni sessuali”. Lo stesso Montella, infine, “aveva confessato a Lyamani che a volte si serviva della cocaina sequestrata durante le operazioni di polizia per organizzare dei festini a casa sua”.