Cesare Battisti non gradisce la cella del carcere. Ed è per questo che torna nuovamente all’attacco dopo le recenti lamentele dovute alla qualità del cibo servito. Questa volta la denuncia riguarda l’abuso d’ufficio contro il suo “isolamento” in carcere.
Cesare Battisti si rivolge alla Procura di Roma per contestare il regime in cui è detenuto nel penitenziario di Massama, ad Oristano. L’ex terrorista sta scontando in Sardegna i suoi ergastoli, ma secondo il suo legale “avrebbe dovuto scontare solo 6 mesi di isolamento in base al provvedimento emesso dalla Corte d’assise d’appello di Milano nel 1993″. Uno status che invece starebbe proseguendo oltre i limiti di legge e che “non è sorretto” da alcun “provvedimento giudiziario”.
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La condizione di isolamento, spiega l’avvocato di Battisti Gianfranco Sollai all’Ansa, non permette alcun “momento di socializzazione e nessuna possibilità di rieducazione del condannato che è un principio consacrato dal nostro ordinamento”. Da qui la decisione di rivolgersi direttamente alla Procura capitolina, nella speranza di ottenere un trattamento carcerario più favorevole.
Vicenda, questa, che si lega a doppio filo con quella del cibo servito all’interno del penitenziario.
Appena una settimana fa l’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo) era comparso davanti al Tribunale di sorveglianza di Cagliari per chiedere delle analisi mediche per verificare il suo stato di salute, peggiorato (a suo dire) a causa dei piatti forniti nel penitenziario dove è recluso. “Il mio assistito si trova in stato di isolamento e può mangiare solo cibo somministrato dall’amministrazione, mentre gli altri detenuti possono cucinare il cibo portato dai parenti o acquistato”, aveva dichiarato il legale in quell’occasione, sottolineando che il regime di isolamento sarebbe scaduto formalmente “il 14 luglio dello scorso anno”. Una decisione in tal senso verrà presa il prossimo 18 novembre, dopo che Battisti verrà sottoposto a ulteriori analisi mediche.
L’arresto
Battisti, arrestato nel gennaio 2019 in Bolivia e rientrato in Italia , riconosce di essere responsabile degli omicidi contestati. Sulle spalle sconta la condanna per la morte del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre. Poi c’è l’omicidio dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978.