La relazione riscontra delle criticità, a partire dalle molte assenze dei lavoratori solo in minima parte attribuibili ai contagi da covid-19 secondo la commissione. E dalla carenza di mascherine e dispositivi di protezione. Alla fine, sembrerebbe non condannare né il direttore generale della struttura Giuseppe Calicchio né la gestione dell’epidemia all’interno della rsa.
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E i vertici della casa di riposo – il manager Calicchio e il presidente uscente Carrara – si affrettano a esultare perché “la relazione fa giustizia del grande lavoro fatto al Pat nelle eccezionali e gravi condizioni in cui si è sviluppata la pandemia a Milano”.
È il primo responso della commissione d’inchiesta dell’Ats di Milano – composta, tra gli altri, dai magistrati Gherardo Colombo (incaricato dal Comune) e Giovanni Canzio (numero uno dell’anticorruzione regionale, nominato dal Pirellone) – che sull’operato del Pio Albergo Trivulzio, dove durante i mesi della pandemia sono morti 300 ospiti, non ha riscontrato esiti diversi o peggiori rispetto a quelli delle altre case di riposo lombarde colpite dalla pandemia.
Stando alla relazione, ci sono state delle criticità all’interno della struttura ma sarebbero sostanzialmente da attribuire alle numerose assenze del personale: fino al 21 febbraio, il giorno dopo la diagnosi del primo caso a Codogno, la media delle assenze alla Baggina era intorno al 30%. Durante la pandemia, però, “tale percentuale ha raggiunto il 57% nel periodo dell’emergenza Covid-19 (21 febbraio – 3 giugno 2020) mentre quella degli operatori congedati per infortunio (segnalati a Inail per contagio da Sars-CoV-2) sul numero di operatori presenti in servizio è stata pari al 9%”, si legge nella relazione.
Su 900 lavoratori in servizio ve ne sarebbero stati 265: di qui l’attacco di Marco Trivelli, direttore generale della sanità lombarda da un mese, che definisce il fenomeno “grave e distonico rispetto a come la gran parte degli operatori sanitari ha lavorato in questa emergenza in modo assoluto, generoso e creativo”.
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La relazione non identifica, all’interno del Pat, un tasso di mortalità più alto rispetto alle altre rsa milanesi: nel periodo gennaio-aprile 2020 “il rapporto tra decessi osservati e decessi attesi nel primo quadrimestre nel Pat è pari a 1,7, mentre quello corrispondente nelle Rsa di Ats Milano è pari a 2,2”. Per quanto riguarda la carenza di mascherine e presidi di protezione, poi, secondo i commissari è vero che erano pochi e quindi poco diffusi all’interno della rsa.
Ma è anche vero che in quelle settimane la carenza era generalizzata in tutta Italia per i problemi di approvvigionamento, tanto che il Pat, la casa di riposo più famosa d’Italia, dovrà attendere il 23 marzo e la prima fornitura da parte della Protezione civile per poterle avere. “Non abbiamo trovato riscontri – spiega Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell’Ats di Milano e guida della commissione d’inchiesta – in merito ai presunti divieti di utilizzare mascherine o di trasferire i pazienti dal Pat agli ospedali”.
“Non è compito però di questa Commissione formulare alcun giudizio di responsabilità -sottolinea Demicheli – Copia di tutta la documentazione è già stata trasmessa alla procura della Repubblica che, se ravviserà elementi di responsabilità, deciderà di procedere”. La relazione suggerisce invece una riorganizzazione interna della struttura, per evitare che i problemi si possano ripetere. Il documento è stato ufficialmente presentato oggi in Regione Lombardia durante una conferenza stampa, ed è stata consegnato al Pirellone, al Comune alla procura dove è aperta un’indagine per epidemia e omicidio colposi.