Il decreto aprile che arriva a maggio e che slitta a giugno. E c'è chi è in fila al Monte dei pegni
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Se non vivessimo da oltre due mesi una pandemia globale ci sarebbe da ridere. E, invece, c’è da piangere (tanto) e da preoccuparsi (ancor di più). L’emergenza del virus si avvia, stando ai dati attuali, verso un ridimensionamento. Bene. Molto bene. Ora, però, ci sarà da affrontare una nuova e più forte emergenza: quella economica. Che provocherà, inevitabilmente, “morte e distruzione”. E il peggio è che nessuno ha la soluzione per risolverla. Nonostante un decreto aprile che stenta ad arrivare.

La “potenza di fuoco” che abbatte le imprese

Abbiamo un governo, ad esempio, che promette aiuti e poi delega le banche per aiutare le imprese a loro volta costrette a indebitarsi. Ci sarebbe da sorridere. Ma, purtroppo, siamo in pandemia e c’è solo da piangere. C’è un governo che annuncia una “potenza di fuoco” di aiuti e poi a maggio non ancora è in grado di presentare il “decreto aprile” che potrebbe slittare a giugno. C’è da ridere davanti a questi pupazzi, figli di elettori incapaci di intendere e di volere.

Il disastro è solo all’inizio. Il disastro è rappresentato dalla lunga lista di imprese chiuse e che continueranno a chiudere nei prossimi mesi. Nel silenzio di governi, sindacati e associazioni di categorie.

Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, continua ad a fare proclami ma è solo fuffa. Alla vigilia dell’ennesimo vertice con il premier Giuseppe Conte e i capodelegazione della maggioranza, ha annunciato alcuni capitoli del Dl, che lui spera ancora di potere varare entro questa settimana. Vaneggia su contributi a fondo perduto e ristoro degli affitti fino al taglio delle bollette per le imprese. Iniziative solo nella testa del ministro che mai troveranno un’applicabilità perché, semplicemente, non ci sono soldi. E, incapaci come sono, non sanno nemmeno dove trovarli.

Dopo la grana delle coperture sulla cassa integrazione, sottostimate dall’esecutivo, che è dovuto correre ai ripari ora il problema è come finanziare le imprese in crisi. Esclusi gli aiuti di Stato. Un lusso riservato a Paesi europei con i conti pubblici in ordine come la Germania. Gualtieri mira a “un modello molto ambizioso” che favorisca “con incentivi adeguati l’afflusso di finanziamenti e del risparmio a sostegno delle piccole e medie imprese e prevedendo per lo Stato di poter concorrere alla ricapitalizzazione sia sulle perdite che come sostegno”. In sostanza saranno utilizzati i risparmi privati, incentivando strumenti come i Pir, i Piani individuali di risparmio.

Il piano del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli prevede tre livelli di intervento.

Finanziamenti a fondo perduto per le aziende con fatturati fino a 5 milioni di euro. Poi, da 5 a 50 milioni, un intervento di ricapitalizzazione con l’ingresso dello Stato nel capitale. Oltre questa soglia si attiva l’intervento della Cassa depositi e prestiti.

“Nessun intento di nazionalizzazione o controllo”, ha assicurato Gualtieri, la cui ricetta si differenzia da quella di Patuanelli anche sulle piccole imprese. Non aiuti a fondo perduto per tutti, ma finanziamenti con limiti “in base alla perdita di fatturato”. Patuanelli però difende l’ingresso dello Stato nel capitale delle imprese.

Intanto nel Paese reale…

È una fila lunga e silenziosa. Una fila che ricorda la via crucis. Si procede verso un traguardo. “Credito su stima” sta per liquidità immediata. Un modo per sopravvivere alla crisi economica della pandemia.

Al monte dei pegni sfilano in tanti per consegnare gioielli di famiglia, oro e beni di valore in cambio ottieni soldi contanti. La promessa è quella di estinguere il debito e di ritornare prima o poi in possesso di ciò che si è lasciato. Oggetti che rappresentano la vita.  

La signora Iole arriva dalle case popolari di Torre Maura, alla periferia est della città. “Da quando mio marito ha chiuso il bar andiamo avanti con la mia pensione di invalidità, appena 270 euro, e così un pezzo alla volta mi sono ritrovata costretta ad impegnare tutto l’oro che avevamo”, racconta a Il Giornale tra mille sospiri. Le sono rimaste solo le fedi, ma si è decisa a consegnare pure quelle. “Mi viene da piangere ma non abbiamo alternative sennò ci staccano la luce”. Iole ha una settantina d’anni, della guerra ricorda solo la fame e dice: “Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo”.

Lucia è un’insegnante di danza, si è messa in fila pazientemente per ottenere denaro contante in cambio dei ricordi dei genitori e dei nonni. “Siamo rimasti senza lavoro e senza nessun sostegno da parte del governo, la categoria dei lavoratori dello spettacolo finora è stata praticamente dimenticata”, ci dice. Ha l’affitto della sala da pagare e una famiglia da mandare avanti. “Forse potremo riaprire ad ottobre, ma nessuno può dirlo con certezza”, allarga le braccia.

Diego, guardia giurata di 45 anni, ancora aspetta la cassa integrazione. “Ho impegnato i gioielli di mia madre sei mesi fa per pagare una multa, contavo di recuperarli adesso e invece sono costretto a rinnovare la polizza”. È uno di poche parole Diego, e va dritto al punto: “Certo non mi fa piacere, ma è l’unico modo per ottenere contanti senza finire in mano agli strozzini”.

di Antonio Del Furbo

antonio.delfurbo@zonedombratv.it

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