È tornato. È risceso in campo. È convinto, ma purtroppo non è più lui. È stanco, un uomo braccato e debole. Appare con la faccia di chi non ce la fa più e vorrebbe abbandonare ma non può. Ieri dal palco allestito in via del Plebiscito è venuto fuori un Berlusconi che non si è mai visto prima in pubblico: sincero.
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È tornato. È risceso in campo. È convinto, ma purtroppo non è più lui. È stanco, un uomo braccato e debole. Appare con la faccia di chi non ce la fa più e vorrebbe abbandonare ma non può. Ieri dal palco allestito in piazza del Plebiscito è venuto fuori un Berlusconi che non si è mai visto prima: sincero.
Via le strategie, le fredde tecniche per l’accaparramento dei voti e la conquista delle anime. Ciò che conta, ora, è solo il sentimento di un uomo messo al palo perché rimasto solo. Sì proprio lui, quell’uomo che ha conquistato tutto e ha comprato quasi tutto. Ieri, nella piazza romana, c’erano quasi tutti ma mancavano i suoi ministri. C’erano le inutili Daniela Santanché, Michaela Biancofiore e Mariastella Gelmini. C’erano gli inguardabili Maurizio Gasparri, Renato Brunetta e Fabrizio Cicchitto. Insomma, tutti o quasi. I ministri non c’erano e forse non per creare imbarazzo al governo ma per dire a Berlusconi che loro cominciano a brillare di luce propria. Non in piazza dunque ma nel palazzo. «Voglio farvi una promessa: io sono qui, resto qui e non mollo. Negli anni che ancora mi restano continuerò a combattere la nostra battaglia per la democrazia e la libertà» dichiara dal palco Silvio. E poi attacca:«C’è una magistratura fatta di impiegati statali che hanno fatto un compitino, vincendo un concorso, e che ora sono liberi, indipendenti, irresponsabili perché non subiscono nessun controllo e mettono sotto gli altri poteri dello Stato, quello esecutivo e quello legislativo. E’ una condizione che si ritrova solo nei regimi. Non possiamo accettare che ci dicano di non criticare una sentenza, una magistratura che non è potere dello Stato. I poteri dello Stato seguono alle elezioni». Certo, siamo d’accordo. È evidente che l’inferno per l’ex premier si è scatenato nel momento in cui ha deciso di fare politica. Innegabile, per tutti. Le analisi, però, non sono più credibili. Appaiono confuse e, mai come ora, opportuniste. Berlusconi è ormai solo, all’angolo. I suoi servi cercano di dettargli il cammino proponendo tattiche politiche che manco Veltroni riuscirebbe a pensare. Paolo Guzzanti è convinto che ora è il momento della “rivoluzione liberale”. Ora? Dopo venti anni? Un’ideona da leccarsi i baffi. L’unica strategia che potrebbe ridare gloria a Berlusconi sarebbe quella di liberare il partito dalla gentaglia che lo “sostiene” e ripartire con una nuova “Forza Italia”. Nello stesso tempo, però, l’ex premier dovrebbe ammettere la sconfitta.